Ci sono trappole nel linguaggio. S’impara a riconoscerle un po’ per volta. Betty Edwards – una maestra fantastica nell’arte del disegno – diceva: “Quando ad un bambino dici che quello è un cane, smetterà di guardarlo”. Ormai ha un nome. E col nome un concetto. E le parole si mettono insieme. La logica è il loro campo magnetico d’aggregazione. Ne nasce un quadro di significati. L’occhio si sposta sul quadro e, pigramente, non ritorna a ciò che ha visto e che potrebbe continuare a guardare. Allora nascono le definizioni, e la voglia di vivere si veste di quelle definizioni come di vestiti al pranzo di gala della cultura. E ci sono i maestri di cerimonie. E i galatei. A questo punto hai perso il contatto.
Bisognerà inventare nuovi linguaggi e inventare nuove immagini, ma sarà tutto inutile se non riusciremo a trovare nuovi modi di guardare, amica
RispondiEliminaForse non serve inventare un nuovo linguaggio ma invece serve ritrovare quello originale. Quello che non ha bisogno di grammatica e di vocabolari. Nasce da dentro e tutti lo possono capire. Ormai dimenticato. Troppe parole a volte non aiutano a capirsi. Non abbiamo bisogno di un linguaggio nuovo ma un linguaggio vero. E' quello che ci serve per essere nuovi ogni giorno restando noi stessi. Arricchendoci e arricchendo gli altri.
RispondiEliminama questa statua cosa rappresenta?
RispondiEliminaUrca... me la ricordo quella statua
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