Passa ai contenuti principali

La prendo come viene

Fuori nevica, o quasi. Stanno scendendo gocce di acqua e ghiaccio o chissà-che-cosa e tutto in pochi minuti è diventato bianco. Mi affaccio alla finestra. Tutti si preoccupano di non poter prendere l’auto, di essere bloccati in questa città del cazzo. Io no. A me non importa poi molto. Anche perché non ho nessun programma. E non m’importa poi molto neppure di questo. E mi meraviglio di me.
Mi sono accorta improvvisamente di stare benissimo nella mia indolenza, di avere ripreso ad ascoltare il silenzio della casa: la caldaia che parte, il frigo che vibra, lo sciacquone che si riempie, l’acqua che scorre nei tubi nelle pareti, i miei passi un po’ strascicati… bei rumori davvero.
Sì, sono piccoli rumori quasi insignificanti ai più in condizioni normali che da un po’ avevo dimenticato. Adesso le mie orecchie hanno ripreso ad ascoltare senza avere il terrore delle “campane dell’inferno”. Quelle campane che non mi facevano dormire, che dovevo coprire in qualche modo con TV, musica, frullatori, phon e stupide chiacchiere tra me e me.
Adesso ci sono. Sto attraversando una fase, anzi una anti-fase, per dirla tutta. Non ho certo rotto con i legami e tutte le complicazioni del mio passato, sarebbe presuntuoso affermare una cosa del genere e neppure umanamente possibile. Non è stata ancora inventata l’arte del dimenticare.
La mia palla di rovi sospinta un po’ a caso dal vento rotola rotola ma fa meno male, non punge più come prima, le spine si sono smussate, ci sono ancora cose sospese, certo, matasse da dipanare, spesso perdo il filo ma chi se ne frega, la prendo come viene. “E la dannata commedia umana procede e si perpetua”.


Commenti

Posta un commento

Post popolari in questo blog

E col pensiero io vado

Vieni, questa sera, con i tuoi piedini che suonano la tromba delle scale. Entra nell’abbraccio della mia casa. Aprirò la finestra e ti farò l’amore accarezzato dal vento delle stelle. Assaporerò i tuoi seni come pesche di vigna e le mie mani navigheranno sulle onde dell’oceano di dolcezza che tu sei. Cercherò le favole in mezzo ai tuoi capelli e respirerò la tua anima nel tuo respiro. Le mie reni sono sature di libidine di vita e le mani anelano a sollevare ogni velo. Tu sei la vita succulenta. E, benché ebbro, stordito e confuso dal nettare che trasuda la tua pelle, io sono io, pienamente consapevole, pieno, tondo, intenso e sano. E tu sei tu, lunare e luminosa.  

Band

Ho sempre sognato di scoprire la formula per lo spartito ideale. La vita creativa. Quella piena che senti dentro pulsare sotto la pelle, in ogni momento.
La vita normale, la più ragionevole e meritoria, è niente a confronto della vita ispirata. In quest’ultima non c’è niente, forse, di meritato. Tutto consiste nel tenere la vela aperta, mentre il vento ci soffia dentro. È grazia allo stato puro. Oh, sì, come sarebbe bello. Fosse tutto come suonare alla tastiera.    

Sinfonia monocromatica

Il fascino evocativo del bianco e nero. Il monocromatico. Immagino un ambiente abitativo, o uno studio creativo, con quattro o cinque di questi quadri, capaci di evocare quel pizzico di erotismo che condisce sapientemente le attività mentali, di ideazione, di progettazione. Il nostro approccio alla vita, parlo di quello quotidiano, quello che si esprime nel modo in cui e con l’umore con cui affrontiamo i compiti e le decisioni operative di ogni giorno è in fondo l’invenzione del nostro rapporto personale con la vita, la composizione musicale della nostra sinfonia.