Il sito archeologico, illuminato dal sole, imperturbabile nella sua volontà di pietra, ripeteva la sua storia col medesimo entusiasmo di sempre. Giovani coppiette si baciavano sotto i templi austeri. I cani erano di casa, sonnecchiando all’ombra di leggende antiche. Emanuela, che studiava per diventare guida turistica, confidò a Xavier che, a suo parere, c’era qualcosa che non quadrava nel destino degli umani: “Il mondo è così ricco di cose, di storie, di bellezza e di avventura che una vita sola non basta che per un assaggio”. E continuava, allargando le braccia: “Certo non si può dire a Dio che cosa deve fare, ma, nondimeno, una sorta di protesta sento scaturire da sé da dentro il petto”.
Vieni, questa sera, con i tuoi piedini che suonano la tromba delle scale. Entra nell’abbraccio della mia casa. Aprirò la finestra e ti farò l’amore accarezzato dal vento delle stelle. Assaporerò i tuoi seni come pesche di vigna e le mie mani navigheranno sulle onde dell’oceano di dolcezza che tu sei. Cercherò le favole in mezzo ai tuoi capelli e respirerò la tua anima nel tuo respiro. Le mie reni sono sature di libidine di vita e le mani anelano a sollevare ogni velo. Tu sei la vita succulenta. E, benché ebbro, stordito e confuso dal nettare che trasuda la tua pelle, io sono io, pienamente consapevole, pieno, tondo, intenso e sano. E tu sei tu, lunare e luminosa.
E lei tra le rovine ci va vestita così....
RispondiEliminaquante foto enigmatiche!
RispondiEliminaSalutami la mia terra!
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