Freud fa l’esempio del ragazzotto di umili origini che finalmente è assunto in una ditta importante. È molto felice ed eccitato e quando si reca al lavoro, o quando esce dalla fabbrica, mentre cammina, sogna a occhi aperti. Immagina che lavorerà duro, sarà apprezzato dai suoi superiori, salirà di livello, sposerà la figlia del principale e arriverà un giorno a dirigere l’intera azienda.
È un esempio semplice e calzante: mostra come nasce l’arte, la letteratura, il film.
E mostra anche come quest’attività creativa del pensiero e del sentimento abbia un ruolo importante non solo per creare opere d’arte, ma anche e forse soprattutto per fare della propria vita un’opera d’arte.
Il mondo che immaginiamo sotto lo stimolo del desiderio precede e nutre il progetto efficace, quello che riesce a mutare e migliorare la vita concreta. Ne è la sorgente sia perché anticipa nell’immaginazione ciò che sarà realizzato, sia perché sostenta con l’emozione e la passione il lavoro di realizzazione lungo tutto il percorso necessario.
Mi piace pensare alla mia avventura come a un romanzo di cui, a ogni capitolo, cerco connessioni creative per tracciarne la trama.
Sono come quel ragazzotto di cui parla Freud.
Quest’atteggiamento mi aiuta a vivere.
All’inizio lo specchio era solo uno specchio. Ma aveva già tutto il mistero e il potere dello specchio. Guardarsi allo specchio non andava senza conseguenze. Il mito di Narciso ne è la testimonianza. Lo specchio poteva servire per controllarsi, per un esame di coscienza, per correggersi, per un sano amor proprio… oppure poteva produrre quell’incanto, quella malia che l’innamoramento della propria immagine mette in scena e che può portare a smarrire se stessi, la realtà e a inquinare i rapporti con il mondo e le persone.
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