Un bocciolo di rosa durante la passeggiata.
L’intensità di una passione,
di una ricerca, di un viaggio,
di un progetto,
di un amore.
Un bocciolo rosso,
calore sufficiente alla mattinata autunnale.
E il lavoro su di me, sul mio spirito, sulla mia immaginazione.
E il camminare attenta, macchina fotografica alla mano.
Il verso sgraziato di un fagiano.
Il fiume che scorre impetuso.
Gli spunzoni di steli dopo la trebbiatura del mais,
allineati come soldatini obbedienti dalla testa mozzata.
Ogni dettaglio era parola in un discorso allusivo.
Il disegno di una trama.
All’inizio lo specchio era solo uno specchio. Ma aveva già tutto il mistero e il potere dello specchio. Guardarsi allo specchio non andava senza conseguenze. Il mito di Narciso ne è la testimonianza. Lo specchio poteva servire per controllarsi, per un esame di coscienza, per correggersi, per un sano amor proprio… oppure poteva produrre quell’incanto, quella malia che l’innamoramento della propria immagine mette in scena e che può portare a smarrire se stessi, la realtà e a inquinare i rapporti con il mondo e le persone.
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