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La matassa

Sono qui che rifletto, perché come si fa a non pensarci quando ti rendi conto anche solo un po’ che sta per succedere qualcosa, che è li, che ti riguarda, che ti interpella, a volte sembra così lontana e comunque tu gli devi rispondere e nello stesso tempo stai desiderando qualcosa che non c’è? Qualcosa che non è successa, che forse succederà, o forse non succederà mai?
Allora, questa consapevolezza comporta una domanda: ma cche cos'è questa storia? Che cosa sta succedendo e io stessa che ci sto a fare qui?

Vabbe, si potrebbe anche non farsi nessuna domanda – come suggeriscono quelli che ti accusano di paranoie mentali –  andare a istinto, agire e basta… si potrebbe davvero?

Leopardi diceva che le pecore sono beate perché, secondo lui, queste domande non se le pongono neanche. Mentre il pastore s’interroga su questa vita: Che fai tu luna in ciel? dimmi, che fai silenziosa luna?… E ne trae dolore.
 


I testimoni di Geova ti suonano alla porta e per citofono ti domandano se non pensi che sia vicina la fine dei tempi, dato che succedono tanti disastri e malefatte.
E tu capisci che questa è la strategia di ogni subdolo predicatore di religione. Quando hai paura ti gettano la ciambella di salvataggio.

Viene prima o poi per tutti il tempo in cui sei preso da una paura tremenda per quel che succede. Quando vai avanti con gli anni ti senti debole e non sei più in grado di sfidare gli eventi. E allora? Ti devi per questo buttare in qualche dottrina secondo cui il Dio ti salva con le mani di qualche Chiesa?
A che ti serve davvero far finta di credere in quel che dice la Chiesa, e rinforzare la tua fede combattendo contro quelli che stanno fuori del tuo recinto?
O Dio, del cui mistero sento il peso, perché mai hai creato la vita come un enigma? Ci sarà una ragione, uno scopo, lo voglio pensare – per non  bestemmiare, per non uccidermi con le mie stesse mani.

E stamattina, camminando m’illudevo volentieri. Pensavo: forse, all’interno di quel che si vede, c’è un mondo di pace, di armonia, di pienezza felice. Forse, anche senza vederlo, ci si può mettere in sintonia con questo “regno di Dio” vicino, ma non visibile.
E muovevo le mani, e aprivo il respiro, e camminavo lenta, per sentirlo, questo invisibile mondo di pace. E mi pareva che – volendolo – lo sentissi davvero – nella sua gratuità, nella sua imprendibilità, certo, ma pur sempre…
Ecco l’idea che mi ha dominato, oggi: il mondo e la vita come una sorta di enigma, in cui quel che si vede non è la verità e nasconde dentro di sé una verità inafferrabile, ma forse vicina, molto vicina. 










Commenti

  1. io, agnosticone, penso che se di dio è il regno dei cieli, ci penserò nel regno dei cieli. Qui nel regno delle terre c'è già parecchio da pensare (persone, disastri, solitudini e guai vari...)

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