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Una ragazzina


Sai, quando ti lasci andare? 
Voglio dire, un pomeriggio, stesa su un prato. Quello stare lì, in ascolto delle voci della vita. E la mente vaga senza costrizioni. Senza nessuno cui dover dire qualcosa. Qualcuno che tu sai che si aspetta da te qualcosa…

Ti sembra tutto una sorta di sogno. Forse lo è. E ti sembra strano che tu sia al mondo. Voglio dire, che tu ci sia. Che tu sia qualcosa di visibile, quel tu che dici: io. Ti sembra perfino di non esserci, e che ci sia solo quello che appare nello film. E che tu, semplicemente, ti domandi: che è?

E compaiono  quelle domande di cui non capisci neanche il significato, del tipo: chi sono? E che succede?

La meraviglia, e basta. Lo stupore. E anche un senso struggente di malinconia. Come se tu, semplicemente, facessi solo capolino in quella cosa che chiamiamo vita. E ti ostini lo stesso a parlare e a provarci. A provarci nel dire: io sono questo e faccio quest’altro. E cerchi di raggrumarti in qualcosa che sia una cosa. In modo da poter dire: ci sono, esisto e so che cosa sta capitando.

Sai? Quando vedi questi ragazzi, per la strada, o a scuola, o al corso per la ricerca attiva del lavoro, o anche al negozio d’abbigliamento, o dal giornalaio, o al bar...  Insomma, li vedi, e, come se tu fossi già navigata, che conoscessi quello che c’è da conoscere, pensi: sono ragazzini!

Beh, lì, dopo pranzo, con i piedi sulla sedia e il caffè, beh, non ti senti un po’ così, in modo che anche di te – quale che sia la tua età adulta – dici: sono una ragazzina, sono una ragazzina. Solo una ragazzina.


 

 

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