Passa ai contenuti principali

Valentino

Che Valentino fosse bello, sprigionasse fascino e magia, non è neanche il caso di ricordarlo.
 Se si può dire in questo modo, me ne innamorai a prima vista. 
Lo vidi al raduno di ippica di un club dove ero andata un po’ a casaccio, per prendere immagini.


Me ne “innamorai” nel senso largo della parola, voglio dire che vederlo mi affascinava, tendevo a seguirlo con lo sguardo e a muovermi nella sua stessa traiettoria, quasi sperando di incrociarlo e che capitasse qualcosa che mi consentisse di rivolgergli la parola e di avviare una conversazione.

E di fatto capitò.

Era vicino a un cavallo – lo seppi in seguito che era suo. Era di traverso, lungo la strada e io andavo in quella direzione – come ho già detto. Ma non sapevo cosa fare.


Ci pensò il cavallo. Che, curiosamente, mosse il muso verso di me in maniera insolita, e sembrava intenzionato a seguirmi. Era una situazione imprevista, non facile da gestire. In qualche modo io desideravo che fosse l’occasione per avviare un discorso, ma non avevo le parole pronte sulla lingua.
Fu Valentino a risolvere. “Sembra che il mio cavallo abbia simpatia per te” – disse, sorridendo. 
“In questo caso, è bene che ci presentiamo” – dissi io, tirando fuori tutta la mia intraprendenza.
Ci presentammo e cominciammo a parlare, con un crescendo di concitazione. Lui era il figlio di un mercante d’arte, padrone di una scuderia. Era appassionato di cavalli.
Aveva una sua passione. Scriveva poesie.
 Me lo confessò con una certa ritrosia. Dopo che la nostra conversazione ebbe raggiunto quel giusto grado di effervescenza.
Certo che mi piaceva. Era bellissimo.
 Ed era bella la sua voce e il suo modo di parlare.
 La sua storia stessa, raccontata da lui, sembrava una storia dotata di un senso. Qualcosa di diverso da un cliché, da una sceneggiatura risaputa.
Naturalmente, gli raccontavo di me. E lui sembrava interessato alla mia storia, alle mie scelte particolari, al modo in cui vivevo le mie esperienze. Era interessato, certo. Ma questo non voleva dire altro che questo. Era la via dell’arte che gli faceva luccicare lo sguardo. Era qualcosa che lui stesso sognava.
Forse è troppo tardi per cadere preda di un’illusione. Troppo tardi per vedere le cose nella loro sostanza. Valentino sognava l’arte. Era quello l’itinerario con cui alimentava il senso della sua vita. E questo, in sé, mi sembrava bellissimo. Emozionante. Ed era un’emozione regalata aver avuto quest’incontro.
Mi piaceva molto – lo confesso. 

Ci siamo scambiati i numeri di telefono.
Chissà.




Commenti

Post popolari in questo blog

Effimero e durevole

Penso al paradossale destino dell’uomo, questo essere effimero capace di creare cose che durano più di lui. 

 E penso che forse è un segno, questo, della sua vocazione a lavorare per la vita, oltre i propri recinti personali. E immagino che di qui derivi quella intensa soddisfazione che l'individuo prova quando allarga i rami del suo frutteto oltre la cinta dell’orto. Quando il suo albero produce frutti in abbondanza per chiunque passi sotto e ne voglia.  

E penso che la vita sembra non vada a economia, non faccia i conti all'osso, e che butti a miglioni quando serve solo uno.  E che il di più non è spreco ma abbondanza.       

Il futuro mi accende

Amo l’intelligenza che sa evocare energie, che sa eccitare la mente, sollecitarla a mettere al mondo cose che prima non c’erano, a rinnovare la vitalità bambina, curiosa, intraprendente, capace di gioire del suo lavoro, sempre di nuovo, ogni mattina.    

Un caldo abitare

C’è un luogo caldo dove abita il nostro desiderio e la nostra fede. La casa dove i nostri sogni trovano conforto e rinascita. Coltivati dalla carezza dolce della Vita. 
Noi ci torniamo ogni sera, quando il corpo è stanco e le viscere sentono la fatica. Quando il respiro si fa più pesante e lo sguardo si carica di stanchezza.
 Sappiamo che lì il riposo ci rinnoverà. E chiudiamo gli occhi, affidati, abbracciando il morbido cuscino.