Rintocchi di campane. Mattina presto. Una mattinata d’incanto. Sole caldo, aria fresca. Come mi piace. E camminata lenta, in mezzo ai campi.
Ho incontrato un fotografo amatoriale. Mi ha parlato di nidi di airone. E gli si accendevano gli occhi nel farlo.
Vorrei esserti di sostegno, quando incappi nella pesantezza dell’essere. Perché anch’io ho bisogno di sostegno. Ho bisogno di un colpo di coda della vita. Un soffio del vento, un battito d’ali, il sorriso di un amico. Perché viene per tutti, ripetutamente, il momento in cui sembra che tutto sia inutile.
Allora io cammino, al sole, all’aria fresca. Penso solo ai movimenti del corpo. E mi accorgo che già essere al mondo è una gran cosa. Che guardare e vedere è una gran cosa.
Ma, subito dopo, una voce dentro mi dice che non basta. Che non me la devo raccontare. Grata, sì. Tutto quello che sono e che ho è miracolo. Ma non me la devo raccontare: non basta!
E allora faccio sogni agitati. In cui litigo con qualcuno. E mi sveglio con la voglia di sfidare il destino e di mandare a quel paese un sacco di cose. E anche gente.
Delle volte non mi ricordo più dove sto andando. E mi ritrovo frastornata. E mi vengono in mente solo gli errori e le colpe. E allora mi scuoto e ricomincio daccapo. A ridare un nome alle cose che voglio.
Vieni, questa sera, con i tuoi piedini che suonano la tromba delle scale. Entra nell’abbraccio della mia casa. Aprirò la finestra e ti farò l’amore accarezzato dal vento delle stelle. Assaporerò i tuoi seni come pesche di vigna e le mie mani navigheranno sulle onde dell’oceano di dolcezza che tu sei. Cercherò le favole in mezzo ai tuoi capelli e respirerò la tua anima nel tuo respiro. Le mie reni sono sature di libidine di vita e le mani anelano a sollevare ogni velo. Tu sei la vita succulenta. E, benché ebbro, stordito e confuso dal nettare che trasuda la tua pelle, io sono io, pienamente consapevole, pieno, tondo, intenso e sano. E tu sei tu, lunare e luminosa.
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