Mi hanno regalato un segnalibro con annotati i diritti del lettore (da Daniel Pennac). Il sesto è il diritto al bovarismo.
Lo trovo giusto. Non forse nel senso del triste destino di Emma che Flaubert conduce inesorabilmente fino al suicidio.
Ma certo nel senso di riuscire a vedere le cose diversamente da quelle che “sono”, a sognare delle felicità “irrealizzabili”, “irraggiungibili”.
E questo perché la definizione di ciò che è e di ciò che è possibile fornita dal senso comunemente diffuso continua ad essere piuttosto taccagna. E, lungo il cammino dell’esistenza, siamo piuttosto incoraggiati dagli eventi a perdere il senso dell’abbondanza che aveva ispirato ancora le nostre fantasie di bambini.
Ecco allora che i libri, e la lettura, possono nutrire – contrastando l’entropia – il sogno, la speranza, l’operosità gioiosa, la fiducia, …
In una parola, l’arte di coltivare la gioia di vivere, sollevando quotidianamente dalla melma la nostra energia vitale.
Ed è questo che fa la differenza.
All’inizio lo specchio era solo uno specchio. Ma aveva già tutto il mistero e il potere dello specchio. Guardarsi allo specchio non andava senza conseguenze. Il mito di Narciso ne è la testimonianza. Lo specchio poteva servire per controllarsi, per un esame di coscienza, per correggersi, per un sano amor proprio… oppure poteva produrre quell’incanto, quella malia che l’innamoramento della propria immagine mette in scena e che può portare a smarrire se stessi, la realtà e a inquinare i rapporti con il mondo e le persone.
E "a noi ci" piacciono le differenze
RispondiEliminaAltroché.