Nutrire il sogno è un lavoro. Meraviglioso, appassionante, emozionante.
Una delle mie massime preferite è: se sei capace di immaginarlo, sei capace anche di realizzarlo.
Il sogno si nutre costruendo immagini che lo rappresentino, che lo dispieghino.
Lo si fa, spontaneamente, nelle fantasticherie.
Si può assumere la responsabilità attiva della fantasticheria.
Svilupparla come farebbe un regista fantasioso.
Il sogno, una volta innescato, cresce da solo. Come le opere d’arte nelle mani degli artisti.
E guida i tuoi gesti.
È il sogno che parla di te, che fa uscire all’aperto quello che sei nella ghianda. Il sogno è l’epifania della tua anima.
Vieni, questa sera, con i tuoi piedini che suonano la tromba delle scale. Entra nell’abbraccio della mia casa. Aprirò la finestra e ti farò l’amore accarezzato dal vento delle stelle. Assaporerò i tuoi seni come pesche di vigna e le mie mani navigheranno sulle onde dell’oceano di dolcezza che tu sei. Cercherò le favole in mezzo ai tuoi capelli e respirerò la tua anima nel tuo respiro. Le mie reni sono sature di libidine di vita e le mani anelano a sollevare ogni velo. Tu sei la vita succulenta. E, benché ebbro, stordito e confuso dal nettare che trasuda la tua pelle, io sono io, pienamente consapevole, pieno, tondo, intenso e sano. E tu sei tu, lunare e luminosa.
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