Avevo un po’ di compassione per me. E volevo bene a quasi tutto il mio prossimo.
Mi sembrava che non riuscissi a mettere molto lievito nella pasta delle mie giornate. Era una sorta di attesa. Un capitolo in cui non succede quel colpo di scena che ti fa sentire sulla cresta dell’onda.
Ma faceva parte della mia storia. La quale andava avanti.
La mia pazienza sembrava giustificata.
Ci scommettevo.
Stavo sperando, al posto di disperare.
All’inizio lo specchio era solo uno specchio. Ma aveva già tutto il mistero e il potere dello specchio. Guardarsi allo specchio non andava senza conseguenze. Il mito di Narciso ne è la testimonianza. Lo specchio poteva servire per controllarsi, per un esame di coscienza, per correggersi, per un sano amor proprio… oppure poteva produrre quell’incanto, quella malia che l’innamoramento della propria immagine mette in scena e che può portare a smarrire se stessi, la realtà e a inquinare i rapporti con il mondo e le persone.
Sperare a volte inganna, disperare non aiuta mai.
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