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Come un albero

Mi figuro la città e gli spazi urbani, in una geografia rovesciata rispetto a ciò che percepisco di solito. Non già un’area urbanizzata in cui la natura è evocata da aree verdi, parchi e giardinetti… Al contrario la casa e la città come aiuole dentro la natura, che risultano dal modellamento dell’ambiente, ossequiando il richiamo della bellezza. Lo scenario si ribalta. Non un giardino attorno alla casa, ma la casa dentro un giardino. La “casa” più grande è la natura, insomma.

E mi vengono in mente le idee di Rousseau sulla capacità della natura di bonificare i guasti che la cosiddetta civiltà ha prodotto nell’animo, la capacità di ricongiungere il cuore con il grande respiro dell’universo, ritrovando una sorta di verginità.





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All’inizio lo specchio era solo uno specchio. Ma aveva già tutto il mistero e il potere dello specchio. Guardarsi allo specchio non andava senza conseguenze. Il mito di Narciso ne è la testimonianza. Lo specchio poteva servire per controllarsi, per un esame di coscienza, per correggersi, per un sano amor proprio… oppure poteva produrre quell’incanto, quella malia che l’innamoramento della propria immagine mette in scena e che può portare a smarrire se stessi, la realtà e a inquinare i rapporti con il mondo e le persone.      

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 Io vivo questi tempi e le loro sfide come il periodo più interessante della storia. D’altra parte è la mia epoca. Voglio dire che non ho mai sentito il bisogno di elogiare il passato rispetto al presente come se si fosse perso qualcosa. Le sfide sono lì a sollecitare il coraggio e l’industria, l’iniziativa, l’immaginazione, la ricerca.