Questa mattina sono andata a camminare nel parco, prima di lavarmi, prima di fare ogni cosa. Il parco è qui vicino, in altri termini, ti alzi, ti togli il pigiama, infili i vestiti e sei fuori, subito lì. Subito lì.
Lo faccio quasi sempre – a meno che non ci siano inghippi. Subito lì.
Adesso vi domanderete che cosa significa lì. E anche io.
Io
vado subito lì.
Fuori.
C’è l’aria dell’aperto – molto diversa dell’aria del chiuso.
Lì, è dove sono all’aperto.
E che vuol dire essere all’aperto?
Ora ve lo dico.
Essere all’aperto è essere dove la
natura continua a scorrere – sto dicendo, fuori delle strutture e dei
comportamenti della cultura e della civiltà. Che, per carità sono
importanti e pieni di merito, ma… – sì, sarebbe come – scusate se
esagero – come ritornare alla fonte. Lì, dove zampilla la vita. Quella
lì è la natura. Ed è bello poterla ritrovare ovunque. Mica ho
tempo, la mattina, di volare fino al Machu Pichu!
La cosa bella è che la
natura non la puoi cancellare completamente – nemmeno in città..
Davvero! – malgrado le discariche, la burocrazia, e il codice stradale…
Esci, vai nel parco, e la ritrovi. Non ti preoccupare se il parco è
pieno di gente che si alza la mattina presto per portare il cane a
passeggio, con il sacchetto di plastica e la palettina…
Lì c’è la natura. È l’aperto.
Quello lì è l’aperto.
Mi sono spiegata?
Io
vado lì, che sono ancora assonnata. Perché, non credere che quando ti
alzi, togli il pigiama e infili i vestit, chiudi la porta di casa e
incominci a muovere la gambe e le braccia – dico – a respirare… ?
Beh, non crediate che quando esci
in queste condizioni, sei subito sveglia, e ragioni come un filosofo
dell’età di Pericle.
È tutto diverso. Ce l’hanno raccontata sbagliata.
Tu sei ancora tutta attorcigliata nel sonno. Quello che sta succedendo, con i tempi che ci vogliono, è che tu, gradualmente, – nota come l’ho detto – gradualmente, tu ti affacci alla vita da sveglio. Quella che – lo sai – ci si sente lucidi e sei in grado di rispondere alla domanda: cosa hai deciso di fare oggi? Qual è il tuo programma? Per favore! Non fatemi questa domanda subito. Appena sveglia.
Lasciatemi il
tempo di andare lì, all’aperto, dove c’è la natura.
Che bello!
Ero lì, nel parco, all’aperto. La natura. E dicevo: che bello!
Sono viva, ho gli occhi aperti. Ma scherzi? Vedo!
Questa cosa qui mi sembrava un miracolo, da sola.
Io vedevo. Insomma c’era tutta questa
roba meravigliosa che chiamo natura – voglio dire l’aria, il cielo, gli
alberi, l’erba e anche la terra abbastanza morbida sotto i piedi. E
c’era questo risvegliarsi del corpo, dico, le gambe, dico, le braccia,
dico, il respiro. E poco a poco, anche la mente, quella roba lì, come si
dice. Io insomma mi accorgevo che ero sveglia e che vedevo. E dicevo:
che bello!
E poi arrivano i pensieri. Arrivano da soli. Sono
ospiti visitatori. Ognuno ha qualcosa da dire. Sembra che abbiano una
gran fretta di venirti a visitare. E tu, okei, dici, va bene, mi
piacerebbe restare ancora un poco qui, a sentire la natura che scorre,
la fonte che irrora, ma va bene, ora posso accogliervi. E arrivano
questi pensieri. Credo che arrivino da ieri. Io penso che siano quelli
di ieri, questi pensieri. Perché oggi non ho ancora pensato niente…
Hanno tante di quelle cose da dirti. Una volta erano i tuoi pensieri. Ora sono tuoi solo perché vengono da te. E tu cerchi fare ospitalità – come si dice? Li ascolti.
Sono come tanti tasselli che dovrebbero far parte
di un disegno unico. Un po’ come le tessere di un puzzle. Ognuno ha la
sua premura. Ognuno chiede di essere preso in considerazione. E sembra
giusto. E perfino bello. Tanti tasselli che si cercano e che cercano di
entrare in armonia.
E io guardo di qui e di lì. Voglio dire, alla
natura e a tutti questi pensieri. Loro si stagliano su questo fondale
sorgivo. Sembrano musiche diverse. Ma si cercano. Come farli incontrare?
Perché all’inizio sembra che vogliano litigare, insomma, fare polverone. Ma ho imparato a resistere a questo primo impatto. In fondo, vado nel parco proprio per questo: per non farmi sequestrare dalla litigiosità dei pensieri e delle cose. Qui, nel parco, all’aperto, ribadisco la filosofia dell’Alleanza.
Mi dico, Alleanza. Voglio dire che intendo andare d’accordo con le cose che capitano e pensare che collaboriamo tutti quanti perché ci sia armonia, perché la banda trovi l’atmosfera e lo stile del concerto. Qualcosa del genere.
So che è una questione di diapason.
Insomma, immettere in quel polverone la nota giusta. Che
faccia entrare in risonanza gli altri diapason… qualcosa così.
Insomma,
sembra come in azienda, la mattina, quando arrivi e subito ti
raggiungono le note, le ingiunzioni, gli ordini di servizio, le
richieste, i memo, le mail, e i post in, lasciati da qualcuno… Troppo!
No, dico. La mia vita non dev’essere come in azienda!
Qui sono io il capo. Pardon!
Poi mi viene l’idea. Il punto di Archimede. Dico, il punto di Archimede.
Infatti, l’alternativa sarebbe di esaminare tutti questi pensieri, analiticamente, uno per uno, e poi cercare di fare dei calcoli. Ma sento che questo è un lavoro hard, voglio dire duro, proprio, e farraginoso.
Ma mi è venuta in mente questa cosa del punto di
Archimede.
Voglio dire, un punto leva. Dove agendo si muove tutto. Senza troppo sforzo.
Lascio le prospettive analitiche e cerco.
Ve lo giuro. Dopo pochi minuti, lì, all’aperto, le cose si chiariscono. Le vedi nell’insieme, nell’insieme della tua vita, senza difficoltà. Le vedi come dall’alto. E l’ho visto. Il punto di Archimede. Era lì chiaro, davanti ai miei occhi.
Ed era
fatta.
Ritorno a casa, mi faccio il bagno.
Lo so, dopo il bagno sono di nuovo qui, pronta per tutte le altre cose.
Ma, è lì,
nel parco, che trovo la fonte. E anche l’intelligenza. Che dire?
Io vorrei che rimanesse sempre aperto questo canale che mi consente di ritrovare la fonte, ogni mattina. Il mio parco…
Sei viva, mentre cammini nel tuo parco. E se alzi gli occhi, il cielo è ancora lì, sopra la tua testa, e non se ne andrà.
RispondiEliminaIo adoro leggere e scrivere, della tua scrittura mi piace come rendi visibili i particolari, un poco così lo sono anche io...
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