A otto anni io giocavo tutto il giorno. Qualsiasi cosa facessi era gioco. Immaginavo tutto quello che veniva da immaginare e tutto diventava altro. Un altro meraviglioso.
Meraviglioso soprattutto ora, che per giocare devo fare un certo sforzo. Meraviglioso perché ora vedo un albero e allora era una foresta sospesa tra paludi e cielo.
Ora io vedo una casa e mi ci vuole un certo sforzo per vedervi una nave, che viaggia nell’Oceano dell’Essere, alla ricerca del tesoro, eccitata da questa avventura.
Eppure, in un certo senso, sto ritornando a quello che facevo allora. Sto ritornando al gioco. Ho smesso di prendere così sul serio queste vicende umane. Abbandono volentieri i ragionamenti responsabili, consequenziali, che chiedono ad ogni passo una conferma oggettiva.
Dove ci si perde? Dove ci si ritrova?
Io mi ritrovo pienamente nel gioco, noncurante di tutti i richiami seri del mondo. E nasce un altro mondo. Migliore di quello che ci raccontano tutti i giorni.
All’inizio lo specchio era solo uno specchio. Ma aveva già tutto il mistero e il potere dello specchio. Guardarsi allo specchio non andava senza conseguenze. Il mito di Narciso ne è la testimonianza. Lo specchio poteva servire per controllarsi, per un esame di coscienza, per correggersi, per un sano amor proprio… oppure poteva produrre quell’incanto, quella malia che l’innamoramento della propria immagine mette in scena e che può portare a smarrire se stessi, la realtà e a inquinare i rapporti con il mondo e le persone.
Bello.
RispondiEliminaLa saggezza dell'insaggezza.
La fantasia al potere
Allora fatti trovare e cominciamo il gioco.
RispondiEliminati stavi allenando?
RispondiEliminache castello è?
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